Cassazione: il compenso dell’amministratore può essere forfettario, basta che sia chiaro
Una recente sentenza chiarisce i requisiti minimi per la validità della nomina dell’amministratore di condominio. Superata l’interpretazione più rigida dell’articolo 1129 del Codice civile.
ROMA – Con una decisione destinata a incidere in modo significativo sulla prassi condominiale, la Corte di Cassazione (Sezione II Civile) ha depositato il 29 maggio 2025 la sentenza n. 14428, che offre un’interpretazione innovativa sull’obbligo di specificazione del compenso dell’amministratore previsto dall’articolo 1129, comma 14, del Codice civile.
Secondo i giudici supremi, è valida anche la determinazione forfettaria del compenso dell’amministratore, purché l’importo sia chiaramente espresso e riferito all’insieme delle attività ordinarie indicate dalla legge. Non è dunque necessario dettagliare voce per voce ogni singolo compito, purché ci sia trasparenza e predeterminazione.
Il caso: conferma dell’amministratore con compenso “già stabilito”
La vicenda trae origine dall’impugnazione, da parte di una condomina, di alcune delibere assembleari con cui l’assemblea aveva confermato l’amministratore utilizzando una formula molto sintetica:
“Si conferma quale amministratore il dott. M.c.p., il quale ringrazia e conferma per il proprio compenso l’importo già deliberato nel periodo precedente”.
Secondo la ricorrente, tale formulazione non rispettava la norma che richiede la specificazione “analitica” del compenso, pena la nullità della nomina.
Cosa dice la Cassazione
La Cassazione ha però respinto il ricorso, affermando che la norma non impone un elenco dettagliato di ogni attività svolta, ma consente alle parti di optare per un compenso globale, riferito all’intera durata dell’incarico annuale o del suo rinnovo.
In altre parole, non serve un tariffario prestazione per prestazione, ma è sufficiente che l’importo sia certo, approvato in assemblea e riferito all’intero pacchetto di funzioni previste per legge (art. 1130 c.c.).
La Corte ha chiarito che può costituire valido riferimento anche un preventivo allegato alla nomina, purché richiamato esplicitamente nel verbale assembleare.
Attività straordinarie? Serve un compenso aggiuntivo
Un passaggio fondamentale della sentenza riguarda anche la distinzione tra attività ordinarie e straordinarie. Queste ultime, come ad esempio l’assistenza fiscale e commerciale ai condòmini, devono essere oggetto di una delibera separata per prevedere un compenso aggiuntivo.
Nel caso esaminato, la Corte ha ritenuto legittima una fattura separata per l’invio delle certificazioni fiscali (CU), attività ritenuta estranea all’ordinario mandato amministrativo e dunque da compensare separatamente, su specifica approvazione dell’assemblea.
Inoltre, la Corte ha puntualizzato che le somme anticipate dall’amministratore (ad esempio, spese sostenute per conto del condominio) costituiscono un credito autonomo, distinto dal compenso vero e proprio.
I limiti del giudice sulle decisioni dell’assemblea
La sentenza ha infine ribadito i limiti del controllo giudiziario sulle delibere assembleari: il giudice può annullare una delibera solo se contraria alla legge, al regolamento condominiale o se causa un grave pregiudizio alle parti comuni. Non rientra invece nel controllo giudiziale la valutazione sull’economicità delle scelte dell’assemblea, come il confronto con i prezzi di mercato.
Una pronuncia destinata a fare scuola
La pronuncia della Suprema Corte chiarisce definitivamente che il compenso dell’amministratore può essere fissato in modo forfettario, purché trasparente e riferito alle funzioni ordinarie.
Si tratta di un principio che bilancia flessibilità operativa e tutela della trasparenza, offrendo un punto di riferimento utile sia agli amministratori che ai condòmini.
La Corte ha anche precisato che, salvo diverso accordo, Iva e contributi previdenziali si intendono inclusi nel compenso indicato, mentre i rimborsi per spese anticipate restano esclusi e vanno trattati a parte.