Il verbale dell’assemblea può essere perfezionato anche successivamente

La redazione del verbale dopo la chiusura dell’assemblea condominiale non invalida le delibere adottate, a meno che non ci sia prova di una discrepanza tra quanto deciso e quanto verbalizzato.  Questo perché la legge non impone la redazione immediata del verbale dopo l’assemblea. L’articolo 1136, comma 7, Codice civile, richiede semplicemente la redazione del verbale delle delibere, senza specificare quando debba avvenire.

Pertanto, è accettabile completare o perfezionare il verbale dopo la chiusura dell’assemblea, purché non venga alterato il contenuto delle decisioni prese.  Questo è quanto stabilito dalla Corte di appello di Cagliari con sentenza del 17 ottobre 2025, numero 401.

Il caso

L’appellante aveva contestato la sentenza di primo grado, sostenendo che il verbale dell’assemblea fosse stato redatto dopo la chiusura della riunione e contenesse informazioni diverse da quelle discusse durante la seduta. Tuttavia, il tribunale ha respinto questa obiezione, sottolineando che la legge non vieta la redazione successiva del verbale.

L’articolo 2375 Codice civile, che riguarda le società di capitali, fornisce un utile confronto, consentendo la redazione differita del verbale purché avvenga senza ritardo. Poiché l’appellante non ha fornito prove di manipolazione o discrepanza tra il contenuto dell’assemblea e quello del verbale definitivo, il tribunale ha ritenuto legittima la redazione postuma del documento e ha confermato la decisione impugnata.

La decisione

La pronuncia odierna affronta una questione comune in ambito condominiale: la redazione non contestuale del verbale. Il decidente stabilisce che tale pratica non invalida di per sé le delibere, a meno che l’interessato non dimostri una manipolazione del contenuto o una discrepanza tra quanto deliberato e quanto riportato nel documento finale.

In altre parole, il momento formale della redazione non è un requisito essenziale per la validità delle delibere, che restano valide se correttamente adottate. L’articolo 1136, comma 7, Codice civile, unico riferimento normativo specifico, prescrive semplicemente la redazione del verbale, senza imporre la redazione contestuale o la lettura immediata ai condomini.  Questo silenzio normativo suggerisce che il Legislatore non abbia voluto vincolare temporalmente la formazione del verbale.

Un confronto con l’articolo 2375 Codice civile, relativo alla materia societaria, rafforza questa argomentazione. Anche in ambito societario, dove la formalità è più stringente, il verbale può essere redatto “senza ritardo” e non necessariamente durante l’adunanza. Per analogia, la stessa flessibilità si applica alle assemblee condominiali, purché il verbale rifletta fedelmente l’esito della riunione. Nel caso concreto, la stessa appellante aveva ammesso di aver ricevuto via e-mail una bozza non firmata del verbale al termine dell’assemblea, successivamente completato e perfezionato dall’amministrazione. In assenza di prove di manipolazione o alterazione dei contenuti, il tribunale ha ritenuto legittima la prassi, respingendo la censura.

La pronuncia si allinea con l’indirizzo costante che privilegia la funzione sostanziale del verbale come documento di attestazione delle delibere, piuttosto che come requisito formale della loro esistenza (Cassazione 25291/2029).  Ribadisce che la redazione differita del verbale di assemblea è legittima, purché fedele e tempestiva, e che la semplice prassi di completamento postumo non comporta nullità o annullabilità delle delibere.